Politica
Provinciali, dichiarata in appello la «falsità materiale» della lista Insieme per la Bat
Ribaltata la decisione di primo grado, alcuni candidati sono stati condannati al pagamento delle spese processuali. La vicenda potrebbe finire in Cassazione
Margherita - sabato 17 ottobre 2020
15.18
La prima sezione della Corte di Appello di Bari ha accolto il ricorso proposto dall'avvocato Giuseppe Bufo nei confronti della Provincia di Barletta-Andria-Trani nella persona del legale rappresentante protempore - ovvero il presidente Bernardo Lodisposto - e dei contumaci Cosimo Damiano Albore, Luigi Antonucci, Massimiliano Bevilacqua, Pasquale De Toma, Gennaro Lorusso e Pierpaolo Pedone rispetto alla sentenza n° 503 emessa lo scorso 25 febbraio dal Tribunale di Trani in merito alla vicenda della presentazione della lista dei candidati di "Insieme per la Bat" alle elezioni provinciali di secondo livello che si sono svolte il 31 ottobre 2008.
La pronuncia dei giudici di secondo grado Maria Mitola, Salvatore Grillo e Loredana Colella, avvenuta lo scorso 22 settembre e pubblicata venerdì 16 ottobre, ha dichiarato «la falsità materiale della lista dei candidati "Insieme per la Bat", composta dai modelli PL1 e PL2 depositati in data 11/10/2018 presso l'Ufficio elettorale della Provincia Bat, nella parte in cui risulta: depennato al numero 3 dell'elenco il nominativo di "Barchetta Andrea, nato a Terlizzi il 19/4/1984"» e «aggiunto a penna, al numero 12 dell'elenco, il nominativo "Di Gregorio Angela Lucia, nata a Bisceglie il 23/6/1960"» oltre che «rinumerato a penna l'elenco dei candidati».
Nella fattispecie, il querelante ha sempre sostenuto la falsità dell'elenco prodotto all'ufficio elettorale provinciale in quanto difforme rispetto alla lista sottoscritta in un primo momento, recante fra i candidati l'esponente andriese di Fratelli d'Italia Andrea Barchetta, il cui nome sarebbe stato cancellato per far posto alla biscegliese Angela Di Gregorio.
«Il documento una volta perfezionatosi con l'acquisizione delle sottoscrizioni dei presentatori, autenticate dal pubblico ufficiale a ciò abilitato a norma dell'articolo 14 Legge n° 53/1990, è da ritenersi immodificabile nel suo testo e qualsiasi sua modifica (mediante cancellazione e/o sostituzione) costituisce falso materiale – quanto meno ai fini civilistici–, al pari della contraffazione apportata al testo di una scrittura privata, dopo l'autentica notarile delle firme apposte in calce. Ciò perché, in tali ipotesi, viene meno la riconducibilità del testo del documento al suo autore che, nel caso de quo, si identifica in ciascuno dei sottoscrittori della lista» ha scritto la Corte d'Appello. Gli stessi sottoscrittori Luigi Di Noia, Marco Di Vincenzo e Riccardo Frisardi hanno dichiarato «che, al momento della sottoscrizione della lista de qua, tra i candidati vi era Andrea Barchetta (al n° 3 dell'elenco), risultato poi depennato mediante "sbarramento"».
La Corte ha perciò riconosciuto illegittimità nelle procedure di presentazione della lista che ha partecipato alla competizione, risultando peraltro quella col maggior numero relativo di consensi ed eleggendo sei consiglieri provinciali, fra cui il biscegliese Pierpaolo Pedone che ha assunto, in seguito, l'incarico di vicepresidente della Bat provocando fra l'altro la risentita reazione dei restanti componenti del gruppo, espressione delle forze di centrodestra sul territorio.
Gli appellati sono stati condannati in solido fra loro e in favore dell'appellante alla rifusione delle spese processuali del doppio grado, liquidate per compensi, quanto al primo, in 7200 euro e, quanto al secondo, in 9500 euro, oltrea al rimborso di spese generali (15%), Iva e Cpa come per legge. La vicenda potrebbe ora approdare in Cassazione e avere ripercussioni sul piano politico.
La pronuncia dei giudici di secondo grado Maria Mitola, Salvatore Grillo e Loredana Colella, avvenuta lo scorso 22 settembre e pubblicata venerdì 16 ottobre, ha dichiarato «la falsità materiale della lista dei candidati "Insieme per la Bat", composta dai modelli PL1 e PL2 depositati in data 11/10/2018 presso l'Ufficio elettorale della Provincia Bat, nella parte in cui risulta: depennato al numero 3 dell'elenco il nominativo di "Barchetta Andrea, nato a Terlizzi il 19/4/1984"» e «aggiunto a penna, al numero 12 dell'elenco, il nominativo "Di Gregorio Angela Lucia, nata a Bisceglie il 23/6/1960"» oltre che «rinumerato a penna l'elenco dei candidati».
Nella fattispecie, il querelante ha sempre sostenuto la falsità dell'elenco prodotto all'ufficio elettorale provinciale in quanto difforme rispetto alla lista sottoscritta in un primo momento, recante fra i candidati l'esponente andriese di Fratelli d'Italia Andrea Barchetta, il cui nome sarebbe stato cancellato per far posto alla biscegliese Angela Di Gregorio.
«Il documento una volta perfezionatosi con l'acquisizione delle sottoscrizioni dei presentatori, autenticate dal pubblico ufficiale a ciò abilitato a norma dell'articolo 14 Legge n° 53/1990, è da ritenersi immodificabile nel suo testo e qualsiasi sua modifica (mediante cancellazione e/o sostituzione) costituisce falso materiale – quanto meno ai fini civilistici–, al pari della contraffazione apportata al testo di una scrittura privata, dopo l'autentica notarile delle firme apposte in calce. Ciò perché, in tali ipotesi, viene meno la riconducibilità del testo del documento al suo autore che, nel caso de quo, si identifica in ciascuno dei sottoscrittori della lista» ha scritto la Corte d'Appello. Gli stessi sottoscrittori Luigi Di Noia, Marco Di Vincenzo e Riccardo Frisardi hanno dichiarato «che, al momento della sottoscrizione della lista de qua, tra i candidati vi era Andrea Barchetta (al n° 3 dell'elenco), risultato poi depennato mediante "sbarramento"».
La Corte ha perciò riconosciuto illegittimità nelle procedure di presentazione della lista che ha partecipato alla competizione, risultando peraltro quella col maggior numero relativo di consensi ed eleggendo sei consiglieri provinciali, fra cui il biscegliese Pierpaolo Pedone che ha assunto, in seguito, l'incarico di vicepresidente della Bat provocando fra l'altro la risentita reazione dei restanti componenti del gruppo, espressione delle forze di centrodestra sul territorio.
Gli appellati sono stati condannati in solido fra loro e in favore dell'appellante alla rifusione delle spese processuali del doppio grado, liquidate per compensi, quanto al primo, in 7200 euro e, quanto al secondo, in 9500 euro, oltrea al rimborso di spese generali (15%), Iva e Cpa come per legge. La vicenda potrebbe ora approdare in Cassazione e avere ripercussioni sul piano politico.