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Territorio

L'ultimo artigiano delle barche da collezione

A novant'anni continua a lavorare nella sua bottega di Margherita di Savoia

Riprodurre la realtà con un tocco di fantasia. Un dote propria soltanto di chi vede l'arte non semplicemente come un hobby ma come uno stile di vita. Questo profilo calza a pennello su Giuseppe Penza, un pensionato residente nel quartiere Punta Pagliaio di Margherita di Savoia, che ogni giorno, nonostante i suoi venerabili 90 anni, si reca nella sua bottega per dare vita a delle vere opere di artigianato. La sua specialità sono le barche e tutti gli esseri che popolano il mare, costruiti rigorosamente con legno lavorato. Una scelta comprensibile se si pensa che quest'uomo ha speso la sua vita, fino alla pensione, in mare. «Mi piaceva frequentare la scuola elementare. Ero spinto ad andarci dalla mia forza di volontà. Purtroppo, a causa della povertà sono stato costretto ad andare a lavorare. Ogni mattina uscivo in mare con mio padre e mio zio per riuscire a postare a casa un pezzo di pane». Il mestiere del pescatore ha comportato tanti sacrifici e tanta fatica nella vita di Giuseppe, ma allo stesso tempo ha impresso dolci ricordi nella sua mente. «Se ero seduto e una mosca si poggiava sulle mie gambe, io la disegnano con la mia immancabile matita. Infatti portavo in tasca un pezzo di matita perché ho sempre percepito un irrefrenabile desiderio di disegnare tutto ciò che appariva davanti ai miei occhi». Insomma, un vero artista che ha testimoniato attraverso i suoi disegni com'era Punta Pagliaio negli '30, quindi durante il governo fascista dell'Italia: «Mentre rientrano dal lavoro, un giorno mi venne in mente di rappresentare Margherita di Savoia vista da un punto situato rispetto alla costa a 200-300 nel mare. C'era una grande distesa di sabbia con i primi fabbricati del quartiere che non superavano il 1˚ piano come altezza. Nelle campagne esistevano ancora le abitazioni tipiche del quartiere, da cui deriva il suo nome: i pagliai. In riva al mare c'era una duna di sabbia su cui si appoggiavano le barche al rientro dal mare. Ricordo che vararle era più semplice perché la strada era tutta in discesa, anche se bisognava comunque stasera attenti a non farla sbilanciare. Le barche avevano sulla vela uno stemma disegnato da me. Non l'ho mai fatto per soldi ma per il rispetto verso il prossimo che era un valore cardine nella società del tempo». Un uomo generoso che stima «tutti coloro che hanno un comportamento retto. A queste persone ho dato tanto senza volere una lira in cambio». Costruire barche, anche se si tratta di riproduzioni in scala, è molto complesso e richiede pazienza e precisione. Il metodo, che si tratti di barche a vela semplici o di pezzi da modellismo, «non cambia. Innanzitutto bisogna creare la chiglia, cioè la base, in legno a cui vanno a unirsi altri legni che formano lo scheletro della barca. Questa legna va ben fissata e distanziata in base alla grandezza e al peso che deve sostenere. Intorno va inchiodato del legno flessibile. Dopodiché, si chiude la costruzione col ponte e l'albero con la vela. In fine si rifiniscono i particolari come, ad esempio, i remi. È necessario, per una riproduzione fedele, praticare dei fori che servono a eliminare l'acqua imbarcata a causa delle oscillazioni provocate da un vento talmente forte da non essere gestito dalla vela».
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