Territorio
Caposaldo Cittiglio, simbolo della resistenza italiana abbandonato al degrado
Lungo la strada per Canne della battaglia. Rifiuti, prostitute ed erbacce sul luogo della storia
Margherita - venerdì 11 marzo 2016
13.32
Un punto strategico fortificato per controllare le mosse del nemico, adesso ci sono solo rifiuti e prostitute. La storia viene violentata a pochi chilometri da Margherita di Savoia, lungo la strada per Canne della battaglia, dove circa 150 uomini della 2^ Compagnia di frontiera al comando del Capitano Tirabusi nel 1943, dopo l'armistizio di Cassibile dell'8 settembre fra Italia e Alleati, sono diventati simboli della resistenza del sud Italia. «Viva l'Italia liberata», affermerebbe il cantautore Francesco De Gregori, ma a quanto pare da queste parti a pochi interessa che un'importante pagine della storia della liberazione del Paese dai tedeschi si sia combattuta proprio al Caposaldo Cittiglio. Sembra che in queste zone ciò che conti davvero sia scendere in piazza il 25 aprile di ogni anno, sventolando una bandiera rossa, chissà poi in segno di cosa.
Trovare conferma non è difficile, basta imboccare lo svincolo che porta a Canne della battaglia e proseguire dritto fino a un cartello lasciato a perenne memoria ad indicare che in quel punto non c'è una discarica ma un caposaldo in cui i soldati italiani al comando del Colonnello Francesco Grasso, l'11 settembre del 1943, sono stati in grado di catturare gruppi della divisione tedesca poi trasferiti al Presidio del Castello di Barletta. Giunti sul posto, davanti agli occhi si apre uno scenario non certo da cartolina: davanti all'ingresso del caposaldo, oltre alle erbacce, ci sono cumuli di scarti edili e immondizia bruciata. All'interno i rifiuti sparsi la fanno da padrone con le bottiglie di birra e la parte anteriore abbandonata di un'auto. A tutto lo scenario fanno da cornice le prostitute che ormai hanno reso nota la zona più di quanto abbia fatto il caposaldo. «Il sangue dei vinti», scriverebbe il giornalista Giampaolo Pansa, viene dimenticato e oltraggiato da chi, evidentemente, non sa che quei 150 uomini, esattamente un giorno dopo dalla cattura di alcuni gruppi tedeschi, sono stati attaccati da parte di 600 uomini della 1^ Divisione Paracadutisti della Germania al comando del Maggiore Walter Geriche e inevitabilmente uccisi. Infatti, basti pensare che dopo la capitolazione di Benito Mussolini nel 1943 e quindi con l'occupazione tedesca nasce il rapporto 1 a 10, cioè per ogni soldato tedesco ucciso, sarebbero stati fucilati 10 italiani.
Trovare conferma non è difficile, basta imboccare lo svincolo che porta a Canne della battaglia e proseguire dritto fino a un cartello lasciato a perenne memoria ad indicare che in quel punto non c'è una discarica ma un caposaldo in cui i soldati italiani al comando del Colonnello Francesco Grasso, l'11 settembre del 1943, sono stati in grado di catturare gruppi della divisione tedesca poi trasferiti al Presidio del Castello di Barletta. Giunti sul posto, davanti agli occhi si apre uno scenario non certo da cartolina: davanti all'ingresso del caposaldo, oltre alle erbacce, ci sono cumuli di scarti edili e immondizia bruciata. All'interno i rifiuti sparsi la fanno da padrone con le bottiglie di birra e la parte anteriore abbandonata di un'auto. A tutto lo scenario fanno da cornice le prostitute che ormai hanno reso nota la zona più di quanto abbia fatto il caposaldo. «Il sangue dei vinti», scriverebbe il giornalista Giampaolo Pansa, viene dimenticato e oltraggiato da chi, evidentemente, non sa che quei 150 uomini, esattamente un giorno dopo dalla cattura di alcuni gruppi tedeschi, sono stati attaccati da parte di 600 uomini della 1^ Divisione Paracadutisti della Germania al comando del Maggiore Walter Geriche e inevitabilmente uccisi. Infatti, basti pensare che dopo la capitolazione di Benito Mussolini nel 1943 e quindi con l'occupazione tedesca nasce il rapporto 1 a 10, cioè per ogni soldato tedesco ucciso, sarebbero stati fucilati 10 italiani.